MOSTRAMOSTRO
Roma, Marzo 2016 - Stazione Termini, ala mazzoniana - Roma
In questa mostra Federica Giglio espone e si espone per condividere la sua visione di arte e vita. L'esposizione è accompagnata da un catalogo col testo critico di Gianluca Marziani, testimonianze di Furio Colombo, dell’artista e dei partecipanti all’installazione della cassettiera: amici, familiari, artisti e molti altri ancora.
INSTALLAZIONE 1
Al suo interno una statua iperrealistica, una donna (è il dell'artista) con i capelli raccolti,
con gambe e braccia chiuse, accavallate, seduta scomodamente su uno sgabello, tutta la postura è rigida e chiusa (vestita).
Il viso è passivo bocca chiusa occhi aperti (esprimono vuoto e paura), la statua è all’interno di una teca di vetro;
le uniche cose che riescono ad attraversare la teca di vetro sono delle specie di lance (spilloni) argentate che si conficcano nella testa e nel petto della statua. Il titolo della statua è “BENEDETTA DA DIO”.
INSTALLAZIONE 2
INSTALLAZIONE 3
INSTALLAZIONE 4
Buon viaggio Federica, buona camminata sul posto, che è immenso e pieno di trappole, e c’è una macchia di felicità che all’improvviso accende il percorso.
Buon viaggio Federica che vai nel dentro di te che non finisce mai perché non finisce il mondo.
Te ne andavi nel sole, nel tuo momento più bello, e i cavalli hanno cominciato a correre all’impazzata, terrorizzati dal paesaggio sconosciuto.
Poi c’erano ostacoli misteriosi, poi c’era buio.
Tu non ti sei data per vinta, non ti sei neppure fermata benché fosse
impossibile.
Buon viaggio Federica. Nel tuo andare ostinato attraversi la foresta incantata.
Però chi ti ferma ormai Federica?
Buon viaggio, buona camminata sul posto, nel dentro che non finisce mai perché non finisce il mondo.
Buon viaggio Federica dal volto di pianto e sorriso, tenerezza caparbia, dolce amore materno, difesa feroce del territorio dall’invasione.
Ti avventuri nel sentiero labirinto, nel giardino dei segnali incrociati.
Eppure riesci a trovare una strada che è soltanto la tua.
Buon viaggio Federica, che hai il coraggio di riconoscerti, di riconoscere il male, che è un estraneo. Hai la forza di spingerlo fuori, di costringerlo ai margini.
Buon viaggio a te che hai il volto lieto e incantato dei tuoi figli e un ancoraggio alla vita che resiste agli strappi dell’uragano.
Buon viaggio nella pianura che aspetta, nella vita che cresce, nei frutti appesi all’albero di domani, che sei riuscita a salvare con le tue sole mani.
Buon viaggio.
Furio Colombo
LE TOVAGLIE sono contenute in un cassetto: sono state tutte realizzate in un momento maniacale... le ho dipinte su dei tessuti di lino comprati da MAS,( che ora purtroppo ha chiuso per sempre), con dei colori francesi per stoffa (anche quelli ormai introvabili) con la musica a palla di Modugno; le dipingevo la mattina poi le lavavo, le asciugavo e le stiravo. La sera erano pronte per essere imbandite sul mio tavolo di cristallo con tutto perfettamente apparecchiato per invitare i miei amici e si creavano serate magiche; tutto questo avveniva nella mia casa a via Dei querceti al Celio . Federica
LA GUERRA
esiste militanza se esiste resistenza
esistono gabbie mentali o fisiche
ma esistono gabbie che creano libertà
e libertà che creano gabbie
esistono invasi e invasori
esistono generali e soldati
esistono eroi esistono mostri che l'eroe deve sconfiggere
a volte le guerre si vincono perché i nemici muoiono
sono le guerre per sottrazione o per estinzione
sono le guerre di chi sa di non avere armi sufficienti
di chi vive in silenzio in lutto
e lo elabora nel tempo infinito del vuoto da colmare
sono le guerre intime personali
dove il luogo del conflitto impedisce l'azione
sono guerre dove l'eroe sa che l'unico modo per vincere
tappare le orecchie a chi rema e lo conduce oltre quel mare
necessario però è riuscire ad ascoltare il canto in irresistibile delle sirene e andare oltre
oltre
oltre
oltre
VIDEO
Prologo Talvolta capitano incontri particolarmente intensi lungo la tua strada. Si tratta di qualcuno che si porta appresso storie forti e crudeli, talmente dense da educare la nostra coscienza a nuovi dilemmi morali. Persone che asciugano la prosa dei propri eventi e la raccontano attraverso le magie anomale dell’invenzione creativa. Realizzando opere con una luce interna che non puoi definire in maniera netta, proprio perché in tali soggetti l’attaccamento alla vita e la necessità espressiva si appartengono con suadente empatia. Federica Giglio è una di queste storie umane, la più significativa a mia memoria recente. Da raccontare per molteplici ragioni. Ad esempio, dicendo che il suo progetto nasce da un fatto reale, da una malattia tatuata su giorno e notte, sulla vita e sullo stile del vivere, sui modi e modelli del proprio essere. Ma non parleremo di sintomatologie e terapie, evitando una supponenza scientifica che fermerebbe la procreazione dello sguardo fertile. Perché di pensieri e visioni stiamo parlando. Di esperienze vissute e metabolizzate. Di brevi o lunghi monologhi con la morte. Di lunghi o lunghissimi dialoghi con la vita. Una vicenda estrema che l’attitudine creativa ha reso disponibile ed universale. Ed ecco un’altra delle ragioni: una mostra che, alla resa dei conti, non è la tipica somma di pezzi per raccontare la cronologia degli eventi. Mostra Mostrum è un’unica opera in cui tutto definisce la circolarità olistica della visione. I singoli lavori hanno una loro autonomia eppure vivono come organi pulsanti di un medesimo corpo dallo spirito fedele. Appartengono ad una piccola epopea privata che l’artista vuole condividere (nel sens opiù alto del termine) con gli altri. Sembra dirci che il (nostro) coraggi odella scoperta ci fa inerpicare tra le salite del viaggio visivo. Sempre in avanti come l’autrice, con l’ottimismo propositivo di chi resiste.E lotta assieme alle proprie qualità. Essere consapevoli del dolore intimo richiama un coraggio, estetico emorale, senza compromessi.Federica Giglio prima assiste allo spettacolo del mondo con occhi recettivi. Poi metabolizza le informazioni con la spietata, esigente sacralità del suo immaginario. Ogni lavoro accumula interi blocchi d’esperienza nella singola forma. Assorbe la densità del processo nel suo tessuto connettivo, nella pelle superficiale, nei rimandi più direttima anche nei codici meno leggibili .Ammiri la qualità estetica e capisci l’onestà del percorso, la convinzione categorica di una sfida crudele. Decodifichi la spinta che l’autrice intraprende con se stessa lungo sentieri di (necessaria) solitudine e (altrettanto necessaria) condivisione. Percepisci le riflessioni che si sono accumulate negli anni: giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo. Quella di Federica (la chiamo per nome visto che i suoi modi ricreano subito un’intimità affettuosa) è una storia dove ogni secondo enfatizza il battito della vita. Il tempo astronomico sembra passare tra le atmosfere del progetto, dove la sospensione metafisica delle installazioni spinge lo sguardo ad introiettarsi nelle proprie gallerie interiori.
Si parte da una persona, FedericaGiglio, che ad un certo punto scopre di avere una malattia, la Bipolare.Molte cose accadono nel corso del tempo: medici sbagliati e poi giusti,medicine sbagliate e poi giuste, terapie sbagliate e poi giuste.Avvengono fatti importanti nella vita di Federica: un marito, due figli, diversi animali domestici…Il normale ritmo quotidiano mescola piacere e dolore, bello e brutto, potenza e cedimento.Attorno a Federica girano le cose normali che tutti noi viviamo. Solo che per lei alcuni eventi si enfatizzano, gli sbalzi sono più radicali, le punte minime e massime sono davvero troppo basse e troppo alte. Gli eventi cambiano la sensibilità, gonfiano i processi interiori, disvelano aspetti che il dolore porterà a compimento. Dal dolore nasce una necessità.Dalla necessità cresce la volontà di raccontare quel dolore in maniera adeguata. Dalla consapevolezza necessaria nascono le opere d’arte di questo percorso. L’opera nasce sempre da una necessità, altrimenti sarebbe soltanto manufatto estetico, oggetto decorativo, simulacro senza cuore. Probabilmente non arriva da un atto altruistico, anche perché l’altruismo non appartiene alla natura creatrice. Altruistico, invece, può essere il modo di offrire l’opera agli altri, renderla un dono che ognuno potrà scoprire, rivoltare, interpretare come meglio crede. Creare è una forma dicomplesso egoismo che sfocia verso la collettività reattiva. Un rapporto solipsistico dove l’autoresi mette in gioco, sfida i propri limiti, cerca una salvezza che non trascuri la purificazione e la rinascita interiore. L’opera come diario privato che si offre alle pagine altrui, diventando l’inchiostro scuro con cui trascrivere gli spostamenti in avanti dell’umana specie.
Prima apparizione
Il calco iperrealista di Federica Giglio. Capelli raccolti, gambe e braccia che tendono a chiudersi, posizione rigida su uno sgabello. La forma plastica dentro una teca in plexiglas, diametro 110 cm, altezza180 cm. Nella testa e nel petto si conficcano alcune lance argentate. Il titolo della statua: “Benedetta da Dio”. La prima immagine mette il corpo umano al centro del viaggio espositivo. Un incipit che sottolinea la centralità della persona nel suo tuffo emotivo sottopelle, un flusso sentimentale dove ci si spoglia di sovrastrutture, stupidaggini, pesantezze, fraintendimenti. L’artista “clona” la propria fisicità per riconoscere la propria conoscenza.Vuole scrutare il dolore, toccarlo coi cinque sensi, farne cibo per lo spirito. Nessuna paura, quindi, dimostrare l’intimità delle scosse velenose. Assistiamo dal vivo alla reiterazione del sisma interiore, vagando nelle zone nere che hanno bloccato il corpo sulla sedia, fermandolo in un limbo claustrofobico dove la lotta per vivere è un gioco crudele. Accade alla figura lo stesso dilemma di ogni persona davanti al dolore:alcuni che perdono sotto i colpi delle lance, altri che si rigenerano dallo strazio e rendono universale la propria energia. Giriamo attorno alla scultura, ne osserviamo il martirio silenzioso e metabolizziamo la sua resistenza feroce. Una geografia psicoemotiva tridimensionale, un urlo contemporaneo che grida sotto la superficie visibile.
Seconda apparizione
Un grande tappeto di pigmento rosafucsia, alto 5 cm con una superficiedi 25 mq (5x5). Vi sono inseriti stuzzicadenti verde smeraldo lucido, distanti l’uno dall’altro 5 cm.Ogni ciliegia è distante dagli stuzzicadenti 3 cm. Morbidezza e durezza. Forme sensuali e punte pericolose. Superfici che accolgono ed elementi che respingono. La forma installativa sintetizza un contrasto interno tra stadi opposti che si completano dicontinuo. Le installazioni agiscono come specchio del prisma emotivo,seguendo angoli interiori mai identici, incoerenze e ripensamenti,certezze e dubbi etici. A conferma dell’importanza del bene ma anche della necessità del male. Un negativo che scatena la nuova alba dei sopravvissuti e dei lottatori indefessi, verso visioni che si trasformano in impliciti atti politici. Azioni di necessità morale in cui l’individuo (l’artista) diviene legge e consuetudine, dentro un mondo a sua immagine e, talvolta, somiglianza.
Terza apparizione
Una gabbia dorata, una porta, un lucchetto. Dentro la gabbia un tavolo con una sedia su cui vediamo la donna della prima apparizione adesso è seduta comodamente, rilassata in camicia da notte mentre fa colazione. Con lei un caffè, una sigaretta, una scatoletta di litio, un bicchiere d’acqua. Davanti a lei uno specchio in cui si guarda. Sulla base della gabbia la scritta: “mi piace fare colazione in buona compagnia”. Spostiamoci per ritrovare la donna della prima apparizione, questa volta in altro contesto e con una postura ben diversa dall'inizio. Anche qui torna il contrasto stridente tra la colazione e il litio, tra una frase che suona beffarda e l'atteggiamento rilassato del corpo. Federica usa l'ironia come arma determinante per ribaltare il dramma in esperienza utile. Non enfatizza l'aspetto cupo del maligno quanto la bellezza di ogni azione vitale. Respiri la sua energia spirituale in questa terza apparizione, la più ricca di ossimori e ambiguità semantiche. Una gabbia che luccica nel suo bagliore pericoloso, icona del passato ma anche del volo oltre la porticina, lontano da un oro che non sempre luccica. E che talvolta, anche se luccica, non vale quanto si potrebbe pensare.Quarta apparizione
Una cassettiera di legno lunga circa 3metri, alta 90 cm.Strutturata secondo cassetti di varie dimensioni. I cassetti si aprono con dei fori. Dentro ogni cassetto diversi repertiche appartengono a svariate persone. Eccoci davanti ad un mobile che conserva memorie altrui, storie diamici e conoscenti, reperti di varia tipologia che indicano ulteriori sguardi attorno a Federica. Sono vicende vicine o lontane, interessi e passioni con cui si racconta un altro da sé (per definire meglio se stessi, ovviamente). Apri il cassetto e scovi oggetti, poesie, altri scritti, possibili feticci con cui fissare quella data persona, il suo status, la sua personalità. Forse captiamo tutte queste cose o forse una sola. Comunque sia, entriamo nelle intimità a noi ignote, dentro il cassetto che devi aprire con gesto deciso, inserendo il tuo dito nei fori metaforici del mobile. Non ci stanno chiavi ma buchi da violare affinchè quella vita entri in condivisione diretta col fruitore. Il mobile, in fondo, non è altro che il mondo interiore di Federica Giglio. Mentre i cassetti sono le piattaforme sovrapposte delle sue memorie recenti o ancestrali, gli anfratti ordinati in cui canalizzare alcune cose al posto di altre. Qui l’artista dimostra la sua volontà di scegliere e non solo di lasciarsi catturare dagli sguardi estranei. Ha deciso chi doveva esserci e cosa inserire nei singoli cassetti. Ha ricreato alcune sue condivisioni secondo un ideale montaggio dadaista. Il tutto dentro un mobile dai connotati domestici, fortemente materno nella sua natura ancestrale. Ancora una volta, senza remore e timidezze, l’artista si lascia invadere dagli altri.
Epilogo
Il primo epilogo si concentra nelle pagine del catalogo. Che non è solo documentazione ma un vero documento, la riprova narrativa di un viaggio nelle immagini, nelle parole, nelle testimonianze, nei reperti privati di una storia ad altissimo contenuto umano. Anziché catalogo chiamiamolo sismografo cartaceo, quasi fosse un registratore di nature soggettive che si incrociano, contaminano, evolvono. Lo sfogliamo e scoviamo confessioni intime, lettere dai toni emozionati, poesie, descrizioni minuziose dei processi che hanno condotto alle quattro apparizioni (capirete diversi legami tra le cosenelle cassettiere e le pagine dellibro). Ogni frammento contribuisce alla vita concreta del progetto, un po’come singoli organi che stabiliscono il corretto funzionamento del corpo. C’è un costante incastro tra spiegazione minuziosa e trasversalità poetica, anelito alla sintesi e apertura metaforica. L’artista vede nel libro un’ennesima proiezione moltiplicatoria del proprio corpo: altrettanto elettrico, recettivo, miscuglio di ossigeno e sangue, celeste e nero, acqua e fuoco. Luogo di raffinati contrasti dialettici: dove il caos della vita siriordina nell’impaginazione, dovepositivo e negativo trovano la forma comune della diplomazia grafica.Proprio così, diplomazia grafica: perché un libro d’artista rispecchia l’obiettivo ma ha bisogno di soluzioni soddisfacenti, comunicazione aperta,adeguamento ad uno stile funzionale. Sfogliatelo come avete fatto con le opere in mostra: ricordandovi che ogni forma contiene stratificazioni emotive, dolore, passione, rinascita. Come disse qualcuno, libri di sangue. Come scriveremmo volentieri nell’aria attorno al volume, libri di ossigeno e sangue.Ulteriore apparizione
Un film aleggia idealmente soprale quattro apparizioni, quasi fosse uncielo di nuvole inquiete che determina le coordinate del clima emotivo. Federica Giglio sta in campo con libertà vibrante, secca e fragilmente coriacea nel resoconto del suo viaggio al termine della notte. Parla come se ogni parola inseguisse la successiva, secca nella dizione ma con la fretta di chi occupa la precisa metratura del tempo disponibile. La rivediamo con la stessa fermezza della scultura iperrealista, ugualmente determinata ad occupare lo spazio secondo una feroce dignità individuale. Capisci che la lotta è una condizione vitale a cui non vuole sottrarsi. E che le sue lotte riescono a disegnarsi nello spazio aereo consensibilità iconografica, sana bellezza e altrettanto sana contemporaneità.Aperture
Dal latino Mostrum che vuol dire pro-digio, segno divino. La radice è quella di Monère che significa avviso, ammonimento. Il Mostro era una figura ad uso della divinità, da adoperare come monitoposto di fronte a luoghi inaccessibili.Mostra Mostrum
come campo delconflitto con le sue soluzioni semprepossibili. Ad ogni domanda una molteplicità di risposte. Ad ogni interrogativo del progetto un nuovo viaggio. Ad ogni spostamento ulteriori prospettive da indagare.Il perimetro corporeo di Federica Giglio aderisce perfettamente alla forma del progetto. Risulta difficile scindere la persona dalla sua idea artistica, proprio perché la rispondenza tra necessità ed espressione è totale. Arte e vita devono, per natura reciproca, appartenenersi con solide corrispondenze. In alcuni casi sono speculari in maniera spudorata, vedile vicende di Roman Opalka, PaoloSoleri, Hernest Hemingway, WilliamS. Borroughs, Andy Warhol, JackKerouac, Orlan… E oggi vedi il viaggio in solitaria di Federica Giglio: sopra la sua barca mentre varca unoceano di cui conosce molti “pesci” ealtrettante “onde”. Ha rischiato di affogare sotto le maree più violente ma è risalita a galla, nuotando e tornando sulla sua barca a vela. Sullo scafo leggiamo solo un grandenumero: 5. Ha un particolare significato nella testa di Federica, torna di continuo nella sua vita, lo stesso progetto si struttura attorno al cinque coi suoi multipli. Da diverso tempo è anche il numero simbolicamente centrale nella mia vita. Ce lo siamo detti nel suo salotto mentre due gatti mi giravano attorno. Una piccola confessione: sono allergico al pelo dei felini eppure quel giorno nessun segno diallergia. Credevo nel cinque e ora ci credo più di prima. Non conoscevo Federica e adesso stiamo viaggiando assieme. Gli orizzonti sono molti, i futuri anche. Buon viaggio a noi. E buon viaggio a voi che credete nel dubbioi.